Francesco Schiavinato insiste con il suo format di successo: la “biosteria”, dichiaratamente green, seppur il colore dominante degli ambienti è un gradevolissimo bianco. Il locale ha decisamente uno stile alternativo. Una singolare sfida la sua, lanciata in una città che della tradizione a tavola ha fatto quasi una religione. La proposta del locale è declinata in più modi: ci sono cose buone per una ricca colazione (ottimi i centrifugati), per un pranzo leggero, un aperitivo o una cena gourmet.
Michele Cella, cuoco dai buoni fondamentali, presenta il meglio la sera, quando i clienti si siedono al tavolo senza fretta. Perno della sua cucina: materie prime di produzione bio e un occhio attento al mondo vegan, scelta coerente ma non esclusiva. Si può iniziare con l’insalata di gamberi e mazzancolle, proseguire con il risotto ai porcini e poi con gli scampi in crosta di riso nero. Oppure iniziare con l’hummus di ceci con pane carasau, per passare poi alle tagliatelle di farro con verdure di stagione e avocado o al seitan di farro arrosto. Tra le carni convince il diaframma di razza garronese.
La carta dei dolci è stata definita “slurp” per la varietà delle sue proposte, fra cui il sorbetto al polline e limone. La carta dei vini, molto orientata sulle etichette locali e d’oltralpe, prevede anche buone proposte al calice. Diversi i menu degustazione proposti, dai 38 euro di vegetariano e vegano, ai 60 per sei portate e dessert. Alla carta si spendono sui 45 euro; intorno alla metà, solo a pranzo.