Corriere del Veneto -

Il food e le imprese, le sfide del made in Italy. Al Cuoa gli scenari futuri fra dazi e tecnologie

Dopo i saluti di Federico Visentin, presidente della Fondazione Cuoa, e di Filiberto Zovico, fondatore di ItalyPost, l’incontro metterà di fronte tre grandi protagonisti della food economy come Riccardo Illy, presidente del Gruppo Illy, Enrico Berto, amministratore delegato di Berto’s e Giorgio Polegato, presidente di Astoria Vini. Moderatore sarà il vicedirettore del Corriere della Sera Daniele Manca.

Alle 16, sempre nei locali di villa Valmarana Morosini, andrà in scena anche «Arte, cibo, cultura: una ricetta per rilanciare il turismo»: al centro dell’incontro ci sarà il libro «Età dell’erranza. Il futuro del turismo tra industria, ozio e creatività» di Domenico De Masi, che verrà coinvolto in un dialogo moderato da Daniele Ferrazza, firma del quotidiano la Tribuna di Treviso, con Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, e Innocente Nardi, presidente del Consorzio del Prosecco e promotore della candidatura delle colline del Prosecco a patrimonio Unesco. Il primo dei due dibattiti affronterà temi di grande attualità come i dazi, la cultura d’impresa e i cambiamenti tecnologici dell’industria manifatturiera che produce forni, cucine e sistemi di refrigerazione, anche alla luce dei rischi e delle opportunità che continuano ad alternarsi.

Un esempio in tal senso arriva dalla storia del Gruppo Illy, nato nel 1933: «L’azienda agricola aperta da mio nonno Francesco produceva sia caffè che cioccolato — ricorda Riccardo Illy —. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale la produzione del cioccolato venne abbandonata, come accadde nel 1985 per quella del tè introdotta da mio padre. Nel 2004, dopo la mia elezione alla guida della nuova holding, ci fu l’acquisizione di tre società: Damman Frères per il tè, Domori per il cioccolato e Mastrojanni per il vino. Una diversificazione che fu anche un ritorno alla origini». Per Illy, oggi la competizione si gioca soprattutto sulla qualità: «Il nostro modello è basato sul binomio di ricerca e sviluppo. La scelta va sulle materie prime migliori come le nostre produzioni di cacao in Venezuela e in Ecuador, dove Domori ha salvato una varietà che era quasi scomparsa. Il tè arriva dai migliori lotti dei produttori o dalle aste in Cina e in India, ma anche da mercati meno noti come Sri Lanka, Kenia e Camerun».

Poi c’è l’innovazione: «I nostri processi — spiega Illy — sono diversi da quelli più comuni. Il caffè viene tostato con un software che aumenta la temperatura per sviluppare gli aromi e viene raffreddato ad aria invece che ad acqua, mentre il cioccolato viene tostato a temperature basse e poi sottoposto a una raffinazione che dura 8 ore contro le 72 di altri processi, a 45 gradi invece che a 80-85».

La chiave del successo sta anche nel gioco di squadra: «Gran parte del lavoro — assicura Illy — riguarda la ricerca di partner che condividono la passione per la qualità e la disponibilità a investire su impianti complessi e costosi. E poi bisogna investire molto sulle risorse umane per avere un personale appassionato, preparato e costante». La congiuntura internazionale sembra favorevole: «La popolazione mondiale cresce e cresce anche la fascia più abbiente in cerca di qualità superiore, che solo in Cina era quasi assente e oggi conta 200 milioni di consumatori. Inoltre il made in Italy vive un momento straordinario, come dimostra il successo dei ristoranti italiani in tutto il mondo. I dazi? Nel nostro settore per ora sono solo una minaccia. Certo — conclude Illy — un’eventuale guerra dei dazi sarebbe devastante per le esportazioni. E sarebbe una sconfitta per tutti».

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