Il Giornale di Vicenza -

Agroalimentare buono? Non basta, serve il brand

All’apertura della seconda edizione di We-Food Filiberto Zovico di Italy Post che insieme alla guida Venezie a Tavola ha promosso l’iniziativa, ha posto l’accento proprio sulla necessità di interrogarsi su cosa manca alle imprese del settore per vincere nel mondo. A rispondere, ospiti dell’evento inaugurale ospitato al Cuoa di Altavilla, tre campioni del Made in Italy: Riccardo Illy presidente dell’omonimo gruppo del caffè che ingloba anche il cioccolato Domori e altri prodotti gourmet, Giorgio Polegato presidente di Astoria Vini, ed Enrico Berto ad di Berto’s, sistemi professionali di cottura.

L’atteggiamento ostile alle imprese che caratterizza l’Italia citato in apertura da Illy non può essere un alibi se – come ha ricordato il vicedirettore del Corriere della Sera, Daniele Manca, che guidava il dibattito – su 14mila bilanci esaminati nell’indagine Corriere-Italy Post spiccano 500 pmi che sono riuscite a crescere anche in tempi di crisi. Ma quali sono i fattori che frenano le imprese che producono qualità? «C’è il problema di una finanza che non sostiene la crescita delle aziende – ha detto Illy – ma anche un modello d’impresa “chiuso”, e soprattutto c’è il nodo della formazione con una elevata percentuale degli imprenditori italiani che ha solo la licenza media. Un limite enorme in un contesto che ha sempre più bisogno di interagire con università, manager di spiccate competenze e mercati globali». La scelta di inaugurare l’evento alla Business school di Altavilla, del resto, evidenziava il bisogno di promuovere cultura di impresa e formazione, elementi fondamentali per lo sviluppo. «Una necessità cui il Cuoa – ha ricordato il presidente Federico Visentin – risponde con proposte per la formazione continua e master anche per imprenditori come il nuovo in wine business al via il prossimo 15 novembre”.

Che i prodotti debbano essere di qualità per competere sui mercati internazionali è un assunto. «Ma bisogna fare in modo – ha chiosato Polegato – che l’azienda sia credibile e il prodotto riconoscibile. Per questo abbiamo investito nel brand, in marketing, in packaging. E vincente è anche la velocità con la quale ci si propone sul mercato con nuovi prodotti». Il cliente va anticipato, fidelizzato, e il focus sulla clientela contraddistingue anche Berto’s che per soddisfare le esigenze tecniche ed estetiche delle cucine degli chef ha creato una divisione dedicata. La qualità, poi, va comunicata. La strategia di Illy è quella della “qualità dirompente”: è percepibile dal consumatore, è garantita dalle migliori materie prime e da processi differenti da quelli degli altri leader di mercato e fa perno sulla sostenibilità sociale, economica, ambientale.

Sì, perché l’altro elemento che contraddistingue le aziende di successo è vivere i valori che le definiscono. Come ha fatto Astoria wines con la recente campagna “Intolleranti verso l’intolleranza” (ma anche sostenendo il Treviso Pride nel 2016). «Non è stato facile nel Nord Est – ha detto Polegato – ma le critiche le avevamo messe in conto e continueremo a farlo perché è importante che un’azienda sia veicolo dei messaggi che la identificano». È nel solco di questi valori che le imprese devono anche cambiare però. «Il Made in Italy – ha concluso da parte sua Riccardo Illy – non è mai stato tanto apprezzato come lo è nel mondo come oggi. Ma sfruttare questa percezione dipende da noi. E se tante imprese che producono qualità non ce la fanno è perché non hanno capito che il loro mercato è il mondo e non si sono attrezzate per affrontarlo. O si sceglie una nicchia, o si cresce e si accettano altri soci e manager esterni alle famiglie, o si viene acquisiti. Non ci sono alternative».

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